Matteo Lana e Rocco Tartaglia rivelano i segreti di una città «vagamente simile a Torino» in occasione di uno degli eventi più importanti nel mondo del gaming
Il primo viaggio negli Stati Uniti non si scorda mai. Matteo Lana e Rocco Tartaglia, fondatori di “Tiny Bull Studios” (startup dedicata al gaming di cui avevamo parlato qui), non hanno dubbi: «Un’esperienza unica, soprattutto per chi, come noi, ha avuto la possibilità di andarci per lavoro, unendo insieme le aspettative da turista e da startupper». Lo sfondo è San Francisco, il contesto la “Game Connection 2014”, svoltasi tra il 17 il 19 marzo. Uno di quegli eventi che gli addetti ai lavori attendono tutto l’anno, una di quelle date marchiate a fuoco sul calendario. Matteo è il primo a raccontare le impressioni ricevute dalla città californiana: «San Francisco è proprio bella ma per essere così grande è abbastanza tranquilla. Abbiamo scarpinato in lungo e in largo ma ci siamo resi conto che non è facile capirla e scoprirla. Mi aspettavo architetture enormi che non ho poi ritrovato. Ovviamente ero influenzato da ciò che avevo visto nei film e in televisione, per cui pensavo di vedere confermato un certo tipo d’immaginario: palazzoni, grattacieli, rumori, traffico, confusione dappertutto. San Francisco, alla fine, l’ho trovata vagamente simile a Torino. Rispetto a come me l’aspettavo c’è moltissimo verde e tanti ciclisti, poca gente che gira in macchina, nonostante le otto corsie che dividono le strade principali. Credevo fosse più caotica di Roma e Milano messe insieme e invece non è così».Questo parallelismo muta quando le descrizioni cambiano soggetto: l’atmosfera respirata, le persone, gli incontri. Improvvisamente, dentro il racconto dei due ragazzi, non siamo più in Italia, tantomeno a Torino: «San Francisco è particolare, abbiamo avuto 26 gradi fissi e giornate sempre chiare e luminose. Si respirava un’aria stravagante, variegata, mutevole. Le strade erano piene di gente stranissima che non aveva nessun problema a fermarsi per parlare e salutarsi, pur non conoscendosi. Abbiamo intravisto personaggi davvero singolari come una vecchietta che parlava, con grande naturalezza, con uno slang popolare e giovanile. A un certo punto sembrava fossimo piombati in una dimensione parallela; le persone intorno a noi sembravano sempre le stesse, ruotavano e ritornavano davanti ai nostri occhi continuamente» dice Rocco. [continua a leggere...]